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Seminario "A che punto è la questione Venezia" - intervento di FRANCO ZANNINI

Venezia? Nothing but flowers!

Insomma un sereno deprofondis per la serenissima città?

Non resta allora che rinviare il pensiero alle fonti aristoteliche, alle nostre letture liceali su “generazione e corruzione” a decretare che la fine di Venezia è semplicemente destino, come quello di Ninive o di Babilonia.

Tutti i poderosi studi, che sono succeduti dagli anni ‘90 del XX sec., nulla ci hanno detto sullo essenziale:

1.quali i contenuti di una crisi di sistema o di sottosistema

2.quale anamnesi ha la crisi di Venezia entro la sua lunga storia.

La crisi di Atene classica è identificabile con la sconfitta di Cheronea e il cosmopolitismo che ne è seguito e che ha schiacciato il concetto stesso della polis pre-ellenistica.

Una crisi psico-politica dunque.

Qui ed ora la crisi dei paesi first comers resta agli economisti spiegabile solo come riguardante fattori di pleonexia a livello di predominio mondiale del clan della finanza, slegata dalla economia reale.

E secondo E. Taine le emergenze che condussero al 1789 riguardavano la diffidenza di tutti verso tutti, uno stato pre-hobbesiano di crisi psico sociale.

Ma Venezia?

Ha storia di caduta e ripresa.

Nella prima parte del XIX sec. abbiamo una Venezia “servile”, non dissimile da quella di oggi, solo che in luogo del “mordi e fuggi” dei gruppi guatemaltechi (con il massimo rispetto verso il Guatemala) Venezia subiva il “mordi e fuggi” di Byron, di Shelley di G. Sand è l’umiliante descrizione della città scritta da H. James nel “Carteggio Aspern”.

Eppure in piena crisi politica, Venezia del ‘700 aveva visto splendori attirando col lusso e per il lusso da tutta Europa.

Quello stesso lusso, si badi bene, col quale iniziò la ripresa di Venezia alla fine del XIX sec. attraverso un disegno fortemente elitista che passa attraverso la sontuosità della offerta alberghiera, della alta moda presente e delle Biennali esclusive: fino al 1970.

E allora?

I precedenti ci indicano le strade di risalita, ma l’accanito politically correct ci impedisce di avvalercene.

La stessa struttura fisica della città appare ed è “di lusso”.

Allora Dubay nel deserto offre il lusso, l’isola fuori di Singapore (quella di Trump e l’autocrate coreano) offre il lusso, ma Venezia non può.

E invece potrebbe, anzi dovrebbe.

Affiancando a offerte elitarie turistiche, attrazione di marchi d’alta modo e persino di produzioni d’alta moda e persino di produzioni d’avanguardia non inquinanti come in Silicon Valley (Guglielmo Marconi già lo faceva in un isoletta non lontana di Murano).

Isole ci sono, l’Arsenale c’è: mancano i pensieri politici XXI sec.