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Georg Umgiesser, Il cambiamento climatico ed il MOSE

Il Mose avrà problemi, in un lontano futuro, a salvare Venezia? Attorno a questo quesito e alle connessioni tra cambiamento climatico e progetto Mose verte questo breve intervento che prende inizialmente spunto dall’ultimo report IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).

Per la fine di questo secolo, ovvero sino al 2100, l’IPCC prospetta un innalzamento medio del livello del mare di 50 cm. Ad un’analisi più accurata, però, si può subito constatare come l’incertezza del grafico vari dai 30 ai 100 cm. Quest’ultima è sicuramente la previsione peggiore per il 2100, ma la media di 50 cm è quella migliore di cui al momento si dispone.

A questi risultati si è arrivati attraverso modelli deterministici fisici ma i modelli statistici, ossia semi-empirici, si spingono addirittura a previsioni catastrofiche fino a 1,70 m senza dimenticare che il cambiamento climatico non si arresterà nel 2100. Il Delta Commitee (il comitato olandese) - molto interessato a queste stime per il sollevamento delle dighe già in funzione nei Paesi Bassi - prevede, nei suoi studi, un innalzamento del livello del mare fino a 3 m per il 2200, mentre uno studio del comitato tedesco WBGU (German Advisory Council on Global Change) - che si spinge fino al 2300 - parla di una forbice tra i 2,50 ed i 5 m. Il quadro delle previsioni è dunque decisamente pessimistico ma supportato anche da misurazioni di mareografi e satelliti che, negli ultimi 40 anni hanno constatato un innalzamento medio del mare di 3 mm l’anno, un numero che trova riscontro nelle curve più alte dell’IPCC.

Ovviamente, quanto si registra a livello globale non potrà non inficiare Venezia e la sua laguna pure tenendo in debito conto le differenze locali. Forse il Mediterraneo si innalzerà un po’ meno rispetto ad altri mari ma, alla fine, ciò che si osserverà nell’Oceano Atlantico si ritroverà nel Mediterraneo, nell’Adriatico e, infine, nella laguna di Venezia. Da un interessante studio di un ricercatore del CNR di Padova che utilizza anche dipinti di Bellotto e di Canaletto, emerge chiaramente come la tendenza di 3 mm l’anno sia suffragata anche dall’osservazione attenta del livello delle alghe in uno stesso luogo a distanza di circa 250 anni.

Come si potrà, quindi, difendere Venezia? In cinquecento anni il Magistrato alle Acque ha attuato diversi interventi: la deviazione dei fiumi, lo scavo di canali, le dighe foranee, il canale dei petroli per facilitare l’ingresso delle navi in laguna ed ora il MOSE. Tra questi interventi ve ne sono stati alcuni di dimensioni davvero ciclopiche come, ad esempio, la deviazione di ben 30 km del fiume Brenta attraverso un canale costruito ad hoc per evitare l’impaludamento della laguna. Venezia e la sua laguna sono sempre state parti di una storia unica, come ben simboleggiato anche dalla Festa della Sensa in cui il Doge prima, ed il sindaco in carica ora, gettano un anello nelle acque proprio a simboleggiare questo connubio indissolubile.

Ora, a fronte di cambiamenti climatici tanto importanti, è arrivato forse il tempo di operare una distinzione fondamentale su ciò che si vuole mettere in salvo: Venezia o la sua laguna?

Sembrerebbe un quesito provocatorio o magari ironico, ma città e laguna potrebbero avere davvero destini diversi. Salvare e riequilibrare la laguna sarebbe facilmente realizzabile smantellando le dighe foranee, chiudendo il canale dei petroli, introducendo nuovamente i fiumi che con i loro sedimenti alimenterebbero le barene. Il tempo porterebbe ad un nuovo equilibrio “naturale”.

A salvare la città di Venezia ci dovrebbe invece pensare il MOSE ma nei prossimi 100 anni, per come li abbiamo previsti, anche il MOSE avrà seri problemi. Anche solo ipotizzando un innalzamento del livello medio dei mari di 50 cm, le paratoie del MOSE dovrebbero essere sollevate dalle 300 alle 400 volte l’anno, in media una volta al giorno con tutto ciò che ne consegue. La situazione sarà ancora sostenibile?

Si potrebbe obiettare che, forse, non si arriverà ad un innalzamento di 50 cm nei prossimi 100 anni ma ciò non è pertinente. La domanda infatti, non è se, ma quando ciò avverrà. Non vi è alcuna indicazione in favore di un rallentamento del cambiamento climatico o di una volontà di arginarlo, come dimostra anche il comportamento del presidente americano Donald Trump che ha appena voltato le spalle agli accordi di Parigi sul clima.

Non sarebbe dunque meglio chiudere del tutto la laguna invece di avere le paratie del Mose sollevate per una o due volte al giorno? Vi sono bellissime lagune di acqua dolce, al mondo, ma per passare ad un altro ecosistema è necessario un tempo di transito di circa 50 anni a cui si deve cominciare a pensare sin d’ora.

La situazione di Venezia però, benché grave non è drammatica se confrontata, ad esempio, con quella del Bangladesh. “Una casa al mare, l’incubo del contadino bangladese”, recita una pubblicità tedesca. Sì, perché il 17% dell’area di quella nazione con un innalzamento di 100 cm del livello del mare scomparirebbe entro la fine di questo secolo. Venezia ha a disposizione una grande ricchezza che le permette di reagire con grande tempestività, mentre lo stesso non si può dire per un paese in sviluppo come il Bangladesh.