Intervento di Anita Cerpelloni e Stefania Spiazzi

“Freespace Venice-Alla(r)gamenti Urbani & Architetture invisibili: un progetto per la città e gli artisti”

Cerpelloni: Io vorrei portare la voce un po’ diversa, diciamo così, a quello che ha presentato Marina Jovon, nel senso che io non sono un’istituzione importante, un’istituzione pubblica, però ho iniziato un’esperienza di galleria, cioè uno spazio dove io lavoro come artista e anche ospito altri artisti e tratto quello che io ho scritto all’inizio come luogo di incontro delle arti, dove appunto diverse discipline hanno potuto interagire in questi due anni di esperienza. È un’esperienza estremamente complessa, nel senso che non avendo alle spalle qualcosa di importante, la cosa dipende molto dalla capacità e anche dall’iniziativa che ho costruito anche con diversi artisti, perché effettivamente io ho avuto anche un riscontro importante da questo punto di vista. Se non avessi avuto molti artisti che fossero venuti nello spazio e avessero lavorato con me chiaramente questa esperienza non sarebbe cresciuta.

Adesso abbiamo una mostra di fotografia, e poi altre esperienze sempre sul tema della città, tema che ho voluto sviluppare partendo anche dall’occasione del tema della Biennale di architettura. Tra le altre cose ho pensato, coinvolgendo la mia collega Stefania Spiazzi che si è occupata molto di questo tipo di eventi, un progetto che possa in qualche modo riunire voci diverse e diverse discipline artistiche, ma che poi abbia un impatto con la città, quindi progettare opere da collocare in alcuni punti, e organizzare degli eventi di partecipazione, nel senso che i cittadini possano interagire con le opere che vengono collocate. Questo è un progetto che abbiamo sviluppato insieme e che ci tengo anche a condividere, perché penso che la condivisione sia anche un modo per crescere moltissimo. (proiezione immagini)

Spiazzi: Il progetto nasce un po’ dal titolo della Biennale di quest’anno che è “Freespace” e ospita molti padiglioni di come occupare gli spazi liberi, di come dare voce anche a delle architetture che hanno a loro volta occupato spazi liberi. Da qui l’idea di questo progetto che si chiama “Allargamenti urbani”, che gioca un po’ con il suono di “allagamenti umani” ed è un po’ una commistione tra l’allagamento di persone, che abbiamo in questo momento in città che ha a che fare ovviamente con il turismo, e l’allargamento urbano, cioè cercare di conoscere tutte le parti, anche quelle meno conosciute della città. Questo è il presupposto che ha dato origine all’idea di questo progetto molto semplice, sulla realtà di questa piccola galleria che deve autosostenersi, e che aveva la necessità di annunciare un progetto che potesse essere capace con poche forze di essere portato avanti. L’idea qual è? E’ quella di lanciare una call in questi giorni, questo bando viene lanciato per artisti che vogliono aderirvi, il tema è quello di studiare alcune parti della città, che andremo a individuare puntualmente, quelle che potrebbero essere delle tematiche che fanno emergere gli aspetti diciamo più caratterizzanti della città e che con la grande diffusione turistica si sono perduti.

La call avrà un termine intorno a settembre e a ottobre la “vincita” – chiamiamola così – per questi gruppi che poi saranno selezionati (e di pensava fra 3 e 6 al massimo) sarà quella di poter lavorare in città; l’opportunità che dà la galleria è quella di lasciare loro la galleria per 20 giorni che possano sviluppare delle idee su questa città.

Questo è l’aspetto pratico che abbiamo dovuto studiare, perché evidentemente non ci sono grandi risorse, ma il fatto di poter studiare nella città implica necessariamente per un artista conoscerla e poterci stare almeno per un certo periodo, altrimenti diventa come per il turista un evento estemporaneo, e conoscere la città senza viverla non può assolutamente produrre qualcosa che sia effettivamente concreto. Ci potranno essere pittori, fotografi, non abbiamo posto un limite, l’importante è che riesca a produrre un oggetto e questo oggetto calato in un contesto in uno spazio anche poco conosciuto della città valorizzi quello spazio in modo che non sia solo l’arte che diventa sempre e comunque quella che tu vai in quel posto per vedere l’opera d’arte ma c’è l’interesse di andare a vedere perché anche lo spazio sia valorizzato.

Cerpelloni: Siamo partite appunto da alcune tematiche generali della città, che possono essere i trasporti pubblici in generale, e anche le grandi navi che è un tema dirompente perché interviene pesantemente sulla città, il tema dell’acqua e dell’acqua alta anche dal punto di vista dell’immagine e dei disagi che crea, il discorso dell’acqua sempre nei termini di natura quindi i grandi spazi, i grandi affacci, la città si affaccia su questi grandi spazi, le architetture che abbiamo sull’acqua, il rapporto tra l’acqua e l’architettura, i momenti e le simbologie che abbiamo in giro per la città, gli spazi verdi molti dei quali non sono conosciuti neanche da una parte delle persone che abitano a Venezia, e che sono tutti giardini chiusi, alcuni anche privati dove non si può accedere, i cortili, i portici e tutti questi momenti anche di aggregazione, che sono al di fuori, periferici rispetto alla piazza dove tutti vanno. Come può l’arte rendere visibili architetture nascoste, scoprire tanti luoghi della città, percorrere portici e cortili e godere del silenzio della laguna? questa è la domanda che ci siamo fatte un po’ e che vorrebbe essere concretizzata dalle proposte artistiche da mettere sul territorio. I luoghi devono ancora essere scelti; lo faremo in ambito di pubblicazione del bando, ma saranno privilegiati i luoghi diciamo così periferici e marginali, dove oggi non c’è un grosso afflusso di persone ma ci sono delle forti realtà abitative, perché sono zone ancora si preservano e dove ci sono ancora i cittadini e dove è giusto che ci sia una valorizzazione anche artistica del posto dove vivono.

Spiazzi: Un’ultima cosa. Se si deve fare questa cosa, se si lancia, che la commissione sia composta da alcuni di voi perché è importante che sia una collaborazione[con P.E.R.], senza che vi siano commissari dall’esterno che non hanno forse le stesse competenze per essere abitanti della città.