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Presentazione del Progetto “Venezia città consapevole” ai residenti stranieri a Venezia.

P.E.R. Venezia Consapevole

9 febbraio ’18  Spazio Micromega

S. Marco – Campo S.  Maurizio Venezia

Versione italiana

Signore e Signori,

innanzitutto voglio ringraziarvi per essere qui oggi, invece di partecipare ai festeggiamenti degli ultimi giorni del Carnevale. In ciò dimostrate di avere una sensibilità simile a quella di molti veneziani. Parecchi di essi che sono in gradi di farlo si organizzano per fare altre cose o trovarsi altrove in questo periodo. Non se ne sentono coinvolti: lo percepiscono non spontaneo, non endogeno, ma in larga parte imposto per finalità che sono estranee alla città e alla sua vita reale.  

Poiché questo accade non episodicamente, ma ogni anno ormai da molti anni, possiamo dire che fa parte della normale condizione di cittadino veneziano oggi di essere costretto a sentirsi straniero nella sua città durante un arco di tempo sempre più lungo dell’anno.

Qui sta la ragione profonda per cui ci rivolgiamo a voi per un confronto: vi percepiamo affini: non solo perché vi consideriamo cittadini come noi, ma anche “stranieri come noi”.

Il concetto di cittadino definisce una condizione oggettiva, fissata e garantita giuridicamente dallo stato moderno. Ma a questo status formale resta comunque connessa la cittadinanza vissuta soggettivamente come “sentimento del luogo”.

Essendo una città speciale, anche questo sentimento ha dovuto essere a Venezia da sempre speciale. Per l’ambiente “impossibile”, incerto e marginale in cui è stata costruita, essa ha sempre avuto bisogno di essere attivamente “confermata” dai suoi cittadini: la terra sicura - la “terraferma”, come ancora oggi viene chiamata dai veneziani - sta oltre il Ponte della Libertà.

Su terra incerta, tra mare e terra, tra Oriente e Occidente ha potuto svilupparsi qualcosa - un alter mundus come diceva Petrarca, e Goethe, quando vi giunse, chiamò “la repubblica dei castori”che ancora oggi sembra a tutti mirabilmente paradossale come un sogno impossibile realizzato. La sua unicità fisica, che oggi tutti ammirano, è effetto di una compenetrazione tra ambiente fisico e sentimento soggettivo dei suoi cittadini che si esprime nello speciale attaccamento dei veneziani alla loro città, nella profonda sofferenza di molti di loro quando, per lo più a causa dell’aumento vertiginoso dei prezzi degli alloggi, sono stati obbligati a lasciarla, anche solo per andare ad abitare in un’altra parte dello stesso comune.

Ma il “volontarismo acrobatico” dei veneziani è stato indebolito fortemente nelle sue motivazioni da quando, negli ultimi due secoli, si è ritenuto che i vantaggi derivanti per l’umanità dalla marcia del Progresso fossero superiori alle distruzioni delle particolarità – fisiche, biologiche, culturali - che in ogni parte del mondo esso produceva.

C’è stato così un tentativo secolare di cancellare il più possibile l’unicità e fare di Venezia una città moderna (nel senso di come le altre, normale). Mentre essa veniva considerata simbolo retrivo di un’ottusa resistenza antimoderna o una realtà  pittoresca e curiosa del passato, la difesa della sua unicità era lasciati alle anime delicate, romantiche.

Questo tentativo di modernizzazione ha raggiunto il suo culmine oggi. Comporta la trasformazione della città in strumento dell’industria turistica e sta portando alla morte della città. Ma in questo, Venezia che sta per essere annientata come città, condivide il destino con il villaggio delle Ande presso il quale è stata aperta una miniera che inquina e distrugge l’habitat, con le comunità native dell’Amazzonia minacciate dalla deforestazione condotta dalle grandi multinazionali, con i quartieri delle città europee investiti dalla gentrificazione promossa dalla speculazione immobiliare e dall’industria turistica, ecc.: è il mondo stesso che è minacciato gravemente dalla sua “modernizzazione”.

A Venezia, forse in modo estremo ed eclatante più che altrove, si esplicitano le dinamiche profonde del presente. Che cosa dice al mondo oggi Venezia? Che il sistema in cui oggi viviamo, incapace di porsi limiti, ha fatto dello sviluppo illimitato il suo fine, l’unico suo vero valore. Questa prospettiva è però irrealistica: lo sviluppo tendenzialmente infinito non può avvenire in un ambiente finito. Venezia è limitata, ma anche il mondo – per quanto molto più grande - è limitato.

Per Venezia questo significa una nuova legittimazione a esistere. A differenza del passato, quando, per sentirsi cittadini di Venezia, bisognava schierarsi contro il corso del mondo, ora la grande novità è che sentendoci cittadini di Venezia ci possiamo sentire pienamente cittadini del mondo.

Venezia, da malinconico residuo del passato, oggi può diventare simbolo del futuro, come del resto avevano da tempo presagito diversi spiriti illuminati.  

I cittadini dispongono di una nuova base su cui fondare quel loro volontarismo acrobatico che oggi è richiesto non solo per vivere in una città unica come Venezia, ma anche in un mondo unico qual è per noi quello in cui stiamo scoprendo di vivere.

Questa è allora la proposta che facciamo a tutti i cittadini veneziani di nascita, di adozione o di vocazione, ovunque si trovino: Venezia può tornare a giocare un ruolo cruciale nel presente, come microcosmo, laboratorio in cui si producono strategie ed esperienze che hanno valenza insieme locale e generale per governare la cieca sfrenatezza di un “Progresso” rivelatosi autodistruttivo.

L’essenza di questo progetto di cittadinanza può essere sintetizzata in questo motto: guardare Venezia attraverso la lente del mondo – guardare il mondo attraverso la lente di Venezia.

 

English version

Ladies and gentelmen,

first of all I would like to thank you all for coming here today instead of taking part in the celebrations of the last days of Carnival. In doing so you show a similar way of thinking as many Venetians. Many of them try to avoid the Carnival and try either to get out of Venice or to do something else. This I because they don’t feel engaged, they perceive the event as something lacking in spontaneity and imposed by a marketing logic that does not belong to the city or to its real life.

The feeling of being a stranger for Venetians, like other outsiders, is something that has become a normal aspect of being a citizen here in Venice.

This is the reason why we would like to establish an exchange with you: we feel you are very much like us – not only because we consider you citizens like ourselves – but also because we feel you are “strangers” like us.

The concept of citizenship defines an objective condition fixed and legally determined by the modern state. However this formal status is still connected to the feeling of the place, which is the subjective part of being a citizen.

Since Venice is a very special city, the feeling of the place has also always been very special. Because of the uncertain and peripheral environment on which Venice was built, the city has always needed to be actively ‘confirmed’ by its citizens: the mainland, or ‘stable’ land, as Venetians still call it, is just beyond the Ponte della Libertà.

On this uncertain land, between land and see, between East and West, another world - alter mundus as Petrarca and Goethe described it – was built like an impossible dream.

The uniqueness of Venice – which everyone admires – is the effect of its citizens’ special attachment. Sadly some of them are obliged to leave Venice because of the great surge in property prices and many of them move to places outside the island, some within the same city council.

Still the ‘proactive acrobatics’ of Venetians has been decidedly weakened motivationally because, in recent centuries, it has been upheld that the advantages for human beings,  deriving from the march of Progress were preferable to the destruction of particulars – physical, biological, cultural - which were being produced all over the world.

There was therefore an attempt to get rid of Venice’s uniqueness and turn the place into a modern city (I mean a normal city). While on the one hand, Venice was deemed a symbol steeped in anti-modern, closed-minded resistance, or a curious, picturesque remnant from the past, the safeguarding of its uniqueness was left to some delicately romantic souls.

This attempt to modernize the city has reached its peak today. It involves the way in which the city has embraced the tourist industry which is killing Venice. But in this respect Venice shares its destiny with that village in the Andes where a mine was opened which is polluting and destroying the environment, or the communities in Amazonia in danger of losing their forests, due to multinationals, or certain areas of European cities, destroyed by gentrification, due to real estate speculation and tourism, etc.

It’s actually the world itself that’s threatened by so-called ‘modernisation’.

In Venice’s case the issue is perhaps more extreme and astounding, with the city revealing the deepest dynamics of the present.

What exactly is Venice saying to the world today? That the system we live in is incapable of putting its brakes on, and that it has made its goal and only value, an unbridled sort of development. This prospective is however unrealistic. Infinite development cannot happen in a finite place. Venice is limited, but so is the world, even if it is definitely much bigger.

In the case of Venice this means a new right to exist. Differently from the past, when to feel oneself a Venetian citizen, one needed to struggle against the path the world was taking, today, the news is, if we feel ourselves to be Venetian citizens, we can also feel ourselves citizens of the world.

From being a melancholic remnant of the past, Venice can now become a symbol of the future, as several enlightened figures in the past had already predicted.

Venetian citizens can now access a new platform where they can practice their proactive acrobatics, which today is so necessary, not just to live in this unique city, but also in this unique world which we are discovering.

This then is the proposal we are launching to all Venetians born here, and also to those people who feel they have a vocation to be Venetian, or have been adopted by Venice, wherever they are. Venice is capable of playing a crucial role in the present once more, as a microcosm, as a workshop that can produce strategies and experiences, at a local and a general level to check the blind race towards a sort of progress that has turned out to be self-destructive. The core of this project of citizenship can be summed up as follows: look at Venice through the lens of the world, look at the world through the lens of Venice.